Mario è un quarantenne in piena crisi. A Roma, vive una vita agiata; è dirigente di una multinazionale, è circondato di donne e di amici, ma si risveglia ogni mattina riscoprendosi attanagliato dalla solitudine. Per evadere da quella vita che gli sembrava sempre più stretta e asfissiante, si rifugia spesso nei suoi sogni.
Una mattina come le altre, preso dalla solita routine, esce di casa per recarsi in ufficio e, mentre distrattamente attraversa la strada, viene investito. Passa tre giorni in rianimazione e, in uno stato di semicoscienza, elabora la sua strategia per cambiare vita.
Dopo varie peripezie per sparire dalla circolazione senza lasciar traccia ai pochi familiari rimasti, riesce a prendere il primo volo per una destinazione lontana. Ma ben presto scoprirà che la libertà non è fuggire lontano dalla propria vita, ma affrontarla e viverla pienamente. La dura realtà e la delusione che cumulerà nelle sue numerose nuove esperienze, gli faranno scoprire che in fondo scappare, lungi dall’essere un atto di libertà, in vero, è solo il suo ulteriore gesto di codardia.
Il romanzo alterna le diverse vicende di vita e i numerosi viaggi intorno al mondo, riccamente descritti, con alcune incursioni nel cuore di quest’uomo inquieto. È come se la storia si fermasse e, in slow motion, si entrasse nell’anima del protagonista, là, dove si forma la vera coscienza. Dopo insolite situazioni, il lettore si troverà di fronte ad un finale del tutto inaspettato.
Uno dei pensieri del protagonista: IL CONFORTO
Il conforto è qualcosa che non è facile ricevere al momento giusto. Ci sono tanti momenti della nostra vita in cui vorremmo essere consolati. Quante volte siamo stati a piangere da soli, nascosti in silenzio, per non farci sentire e vedere da nessuno. L’orgoglio di far vedere che siamo deboli e fragili prende sempre il sopravvento.
Nella mia vita ho sempre fatto vedere agli altri che ero sempre felice e pronto a combattere una nuova battaglia. Ma più delle volte, con quel sorriso, mascheravo solo e soltanto un pianto. Piangere era un lusso che non mi permettevo. Dovevo essere sempre il più forte di tutti, pronto a consolare tutti, quando qualcuno aveva un problema.
Ricordo quando morì mamma, non piansi e nemmeno la vidi. Facevo finta che non fosse mai successo nulla. Tutti mi chiedevano come facessi a stare così tranquillo. Era una tranquillità finta. Ma più giorni passavano e più mi andavo sgretolando. Volevo urlare la mia disperazione. Ma l’orgoglio non mi permetteva di farlo nemmeno quando ero solo. Avevo paura che qualcuno mi sentisse e mi vedesse disperato.
Erano passati 4 mesi, non riuscivo più a dormire la notte. Una notte mi alzai dal letto, erano le 2.00. Presi la macchina, andai verso il mare. Era il mese di agosto. Arrivato in spiaggia, in lontananza vidi una macchina parcheggiata. Ero da solo. E come un matto inizia ad urlare e a piangere. Nessuno mi sentiva. Ero libero di far uscire tutta la disperazione che avevo nel cuore. Ero un codardo, mi ero ridotto in quel modo perché non avevo il coraggio di ammettere la mia fragilità.
Ad un tratto mi sentii sfiorare la spalla. Era qualcuno che mi mise la mano sulla spalla. Non mi girai a vedere chi fosse, anche perché si vedeva pochissimo. Quella notte non c’era nemmeno la luna per illuminare il cielo. Rimasi in silenzio. Sentivo solo il mio battito del cuore, che dall’interno rimbombava nei miei orecchi e questa mano che piano piano cominciava a muoversi. In pochi secondi che sembrarono un’eternità, mentre sentivo solo i miei orecchi che pulsavano, venni abbracciato alle spalle. Non mi interessava chi fosse. Ma era quello di cui avevo bisogno. Essere abbracciato. Piansi e piansi. E questa persona piangeva con me.
La consolazione è quel movimento lento, dove tu, con lo sguardo fisso nel vuoto, pensi che questo mondo non ti comprende. Ma all’improvviso, arriva qualcuno, che non hai sentito arrivare. Nel silenzio, vieni sfiorato con una mano…